Teresio Olivelli
Giovanni Di Peio
La figura di Teresio Olivelli (1916-1945), servo di Dio e avviato alla beatificazione, costituisce – unitamente alla figura di Piergiorgio Frassati – uno dei modelli di riferimento più significativi nel mondo sociale cattolico del dopoguerra. Tra i due c’è un legame associativo (Fuci e San Vincenzo), la comune storia universitaria – l’uno a Torino e l’altro a Pavia –, la condivisa passione politica per una società più libera e giusta. Originale in Olivelli è l’esperienza di guerra e di Resistenza, che ha fatto di lui, medaglia d’oro al valore, «lo spirito più cristiano del nostro secondo Risorgimento» (don Primo Mazzolari) e uno dei campioni di quella “Resistenza cattolica” che varie stagioni di revisionismo storico della Resistenza non hanno saputo cancellare o oscurare.
La vita di Olivelli scritta dal professor Giovanni Di Peio, sulla scorta della recente opera del postulatore don Paolo Rizzi (L’amore che tutto vince. Vita ed eroismo cristiano di Teresio Olivelli, Libreria Editrice Vaticana, Roma 2004), ci aiuta a ripercorrere con dovizia di particolari la storia di un giovane cattolico tra le due guerre: nei suoi primi anni (“Quella ineguagliabile giovinezza”), a Pavia, in Università e alla Fuci (“La formazione e gli anni di Pavia”: 1934-38), a Torino nella Guf e nel suo primo lavoro a Roma all’Incf (Istituto nazionale di cultura fascista) e poi all’Ufficio studi del Pnf, cioè nel centro della riflessione politica e culturale fascista, fino a decidere di vestire il grigioverde e di partecipare alla Seconda guerra mondiale passando dal fronte italiano (1941-42) al fronte russo (1942-43).
Il ritorno in Italia di Olivelli nel 1943 lo vedrà per pochi mesi rettore del Collegio Ghisleri e, dopo la resa dell’8 settembre e la prigionia, incontrare il mondo cattolico della Resistenza: un incontro a Brescia, con Astolfo Lunari e padre Carlo Manziana, con i quali organizzerà l’esperienza resistente dei cattolici italiani: le cosiddette “Fiamme Verdi”.
Da allora fino all’arresto a Milano in piazza San Babila, il 27 aprile del 1944, Olivelli diventerà la figura centrale dell’organizzazione delle Fiamme Verdi in Lombardia (in particolare a Brescia, Cremona, Mantova, Lecco) con puntate anche in Veneto: «Ribelle per amore al Vangelo», nell’impegno di costruire una città «più libera, più giusta, più solidale, più “cristiana”».
Gli ultimi capitoli del libro di Di Peio sono dedicati a ricostruire tempi e momenti della prigionia di Olivelli (nel carcere di San Vittore a Milano, a Bolzano, nei campi di Flossemburg e Hersbruck) fino alla morte nei primi giorni del gennaio 1945.
Le parole di don Primo Mazzolari, scritte sull’Eco di Bergamo nella recensione di una delle prime biografie di Teresio Olivelli e riportate a conclusione dell’opera di Di Peio, delineano bene l’attualità di Olivelli: «Il nome di santo è quello che più conviene a Teresio Olivelli, e io mi auguro che tutti i ribelli cristiani, i fuorilegge cristiani ne facciano presto domanda a quella Chiesa ch’egli ha amato e servito sine modo». Un auspicio che è ormai realtà.
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